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Facebook blocca la vendita delle azioni ai dipendenti
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In attesa di vederlo approdare a Wall Street, uno dei social network più popolari al mondo, Facebook, ha proibito ai suoi dipendenti di vendere azioni della società nei mercati secondari.
Che cosa è successo? Su siti come “Sharespost” e “Secondmarket” (dove è possibile scambiarsi azioni di aziende non quotate) c’è la corsa ai titoli Facebook, con la chiusura di contratti a 27 dollari ad azione.
La capitalizzazione dell’azienda, a questo punto, si aggirerebbe intorno ai 12 miliardi di dollari: quasi il doppio di quanto stimato dagli investitori russi Digital Sky Tcnologies, che lo scorso mese di giugno ha acquistato un pacchetto di azioni della società che gestisce Facebook.
La situazione permetterebbe di incassare grosse plusvalenze, specie per i dipendenti del social network, che al momento della propria assunzione hanno ricevuto “contestualmente” quote della società, cresciute in pochissimi anni a dismisura.
Nonostante sia un’occasione molto vantaggiosa per tutti i dipendenti, tutto ciò comporta grossi problemi per l’azienda, soprattutto in ambito legale. Si rischia, infatti, di commettere “insider trading”: ovvero la compravendita di titoli di una determinata società da parte di soggetti che, per la loro posizione all'interno della stessa o per la loro attività professionale, sono venuti in possesso di informazioni riservate non di pubblico dominio. Simili informazioni permettono ai soggetti che ne fanno utilizzo di posizionarsi su un piano privilegiato rispetto ad altri investitori del medesimo mercato. L'insider trading in senso stretto è per questo considerato reato. Per risolvere il problema Facebook ha, infatti, deciso di interrompere, dalla fine del 2007, il piano di stock granting destinato ai dipendenti.
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