Guardando la classifica stillata dalla Banca mondiale, appare grottesco che in uno stato come l’Italia dove da molti anni si dibatte su riforme che dovrebbero favorire lo sviluppo economico attraverso finanziamenti e decreti per favorire e potenziare le imprese “Made in Italy”, l’Italia si trovi all’87° posto, dietro anni luce agli altri Stati Europei, e dietro anche a Stati in via di sviluppo come la Mongolia e lo Zambia.
Per quanto possibile, l’Italia dei macchinosi processi burocratici e regolatori è riuscita a peggiorare ancora la sua classifica sotto tutti i punti di vista, o quasi, si perché l’Italia risulta come uno dei Paesi dove è più difficile accedere al credito(98° posto), oppure dove si ha una dei peggiori sistemi tassativi(134° posto), inoltre siamo tra i paesi industrializzati, e non solo, quello dove c’è più difficoltà a procurarsi un allaccio elettrico(109° posto).
L’unico punto dove migliora la classifica italiana è la trattazione delle pratiche dei fallimenti o delle insolvenze dove raggiungiamo il 30° posto, mentre l’Italia riesce ancora ad essere decorosa, dal punto di vista della tutela dell’investitore dove ci troviamo al 65° posto, essere positivi solo su questi due punti in una classifica di 183 paesi al mondo, sembra un risultato un po’ scarso per un Paese con un potenziale come quello italiano.